avv. Eugenio Plazzotta - ing. Mauro Gandolfo

05/07/2022

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Quando l’azienda non risponde del reato commesso dai vertici aziendali

L’elusione fraudolenta del MOG231 operata dall’apicale

Il Modello di Organizzazione aziendale, adottato ai sensi del D. Lgs. 231/01, è adeguato e protegge l’azienda da sanzioni e conseguenze previste dalle norme quando è valido il sistema di regole adottato, anche nel caso in cui il reato sia commesso da chi la amministra, rappresenta, controlla o dirige (vertice aziendale o apicale), eludendo fraudolentemente il MOG aziendale.

A stabilirlo è la Cassazione, ragionando sulla vicenda Impregilo (sent. n. 23401/22, Sez. VI): l’elusione fraudolenta del Modello (da parte dell’apicale) consiste nel sottrarsi ad un obbligo, nell’aggirare un vincolo, rappresentato dai principi, dalle regole e dalle prescrizioni previsti dal modello, non come semplice e frontale violazione delle regole del modello, ma con condotta falsificatrice che trae in inganno e rende vano il diligente rispetto delle regole da parte di ogni altra componente dell’azienda.

Nella vicenda Impregilo era stato contestato in base al D. Lgs. 231/01 il reato di aggiotaggio, perché i vertici aziendali (l’Amministratore Delegato e il Presidente del C.d.A.) avevano diffuso false notizie sulle previsioni di bilancio e sulla solvibilità di una controllata. Tuttavia la società è stata prosciolta perché il Modello 231 adottato è stato considerato in concreto idoneo a scongiurare il reato che si è poi verificato.

Per la predisposizione delle comunicazioni prices sensitive (cioè, delle notizie riguardanti fatti sociali di una società emittente ovvero informazioni di natura economica che, all’atto della diffusione inducono una modifica nel prezzo dello strumento finanziario: Fonte Borsa Italiana S.p.a. www.borsaitaliana.it), tra i vari strumenti di compliance adottati, anche in conformità alle best practices e alle Linee Guida di Consob e Confindustria, il Modello di Impregilo prevedeva una procedura con diverse fasi in successione e partecipazione di distinte strutture aziendali, secondo le rispettive competenze tecniche, nella quale i vertici avevano il compito di approvare il testo definitivo e di divulgare le informazioni, in coerenza con il proprio potere direttivo e di rappresentanza verso l’esterno, con l’ulteriore presidio che ciò dovesse avvenire d’intesa tra A.D. e Presidente e con la prescrizione che l’informazione dovesse essere completa, tempestiva, adeguata e non selettiva (in risposta al dovere di verità su di loro incombente).

La Cassazione ha riconosciuto che la società non deve rispondere per il reato commesso dai vertici aziendali quando la condotta dell’organo apicale diverge dalla politica d’impresa ed è il frutto di una scelta personale ed autonoma della persona fisica, realizzata non per effetto di inefficienze organizzative ma per un comportamento ingannatore (elusivo e fraudolento) che si dispiega all’interno della struttura organizzativa, verso gli organi e l’apparato di controllo dell’azienda stessa e non nei confronti degli estranei, in aggiramento e contro le prescrizioni del Modello Organizzativo e nonostante un’organizzazione adeguata; per la Suprema Corte, l’aver approfittato dello spazio di autonomia ragionevolmente lasciato dal Modello Organizzativo ai vertici aziendali, in spregio dei dati elaborati e predisposti dalle competenti strutture tecniche della società, l’aver alterato i dati e divulgato ai mercati informazioni non vere costituisce una condotta ingannevole nei confronti degli altri organi dell’ente e non solo una semplice violazione delle prescrizioni del modello “perché tenuta senza il rispetto del procedimento di comunicazione previsto dal modello (…) frutto di un accordo estemporaneo e tale, perciò, da rendere impossibile ogni interlocuzione da parte di qualsiasi organo sociale”, falsificatrice dei dati dell’istruttoria compiuta dagli uffici competenti, in violazione del patto di fiducia che lega i rappresentanti dell’azienda agli altri organi societari.